PUZZLE: tasselli

Ciao sono Ruben redattore del Libroverso. Come vi ho detto nella mia presentazione mi piace scrivere e sto scrivendo un romance per questo ogni lunedì della settimana uscirà un capitolo. Di cosa parla?

Parla della storia di Chanel Brostein, famiglia ricca, vestiti firmati, maggiordomi, ville, party, amici; e di Hyden, famiglia povera, orfano di madre, amici pochi ma buoni. Chanel si trasferisce dalla sua villa a Beverly Hills in un attico a New York, ma questa città custodisce il macabro passato e presente della sua famiglia. Chanel affronterà dolorose verità e perdite. Ma sapete chi resterà accanto o forse? Hyden. Per scoprire la verità Chanel dovrà comporre un Puzzle... formato da molti tasselli. 

ECCO A VOI: "PUZZLE: tasselli" il primo di una trilogia. 

 

 

 

PROLOGO:

Entrano nello studio. È uno spazio piccolino ma confortevole, le pareti color caffè latte, i mobili color panna, le candele bianche sparse qua e là, le piante verdi che vengono messe in risalto grazie ai colori neutri dell’arredamento, i tappeti morbidi, le sedie in eco pelle; sembra di essere entrati da Ikea. La dottoressa indossa un tailleur bianco, una giacca, una camicetta, un pantalone, tutto bianco; quasi ti fa male agli occhi. 

<<Buongiorno>> dice con voce flebile la signora Brostein. 

Una donna sulla trentina con qualche capello bianco e troppe ferite sulla pelle.

<<Buongiorno accomodatevi.>>

La dottoressa Flambeg li fa accomodare davanti alla sua scrivania, sulle sedie girevoli in eco pelle bianca. 

<<Vi ho preparato due tisane per rilassarvi e parlare meglio. L’infuso è di mia produzione.>>

<<Grazie mille dottoressa>> il signor Brostein… bhe… cosa c’è da dire su di lui? Un uomo troppo buono sulla quarantina con qualche capello bainco e troppi errori sulla pelle. 

Lui inizia a sorseggiare la tiepida tisana, lei, la donna dagli occhi grandi e teneri, guarda la tazza di vetro con gli occhi lucidi pensando a qualche giorno fa con le mani che tremano. 

<<Signora Veronica vuole iniziare a parlare?>>

<<Si…>>

<<Non ho mai avuto una vita semplice. Mio padre era continuamente immerso in affari loschi. Spaccio di droga. Giochi d’azzardo. Alcool. Io ne ero, al cinquanta per cento, allo scuro. Quando è andato in bancarotta non ha smesso di giocare ed eccoci qua>> Veronica continua a racconterà alla dottoressa Flambeg della sua vita e del motivo per cui è là.  

<<C’è un uomo con cui mio padre era immischiato in giri loschi. Sua moglie non poteva avere figli. Mio padre dopo aver giocato non aveva nulla da dargli, nemmeno un penny. Quell’uomo gli fece un’offerta folle e lui l’accettò..>> arrivata a quel punto Veronica scoppiò a piangere. 

<<Continuiamo domani?>> domandò la Flambeg temendo di riaprire oscure ferite. 

<<No.>>

Dopo essersi asciugata le guance e gli occhi Veronica, con il mascara colato su tutte le guance continua la sua macabra storia. 

 <<Quell’uomo gli chiese che appena la sua primogenita avrebbe avuto una bambina di dargliela, se non avrebbe accettato avrebbe ucciso sia mio padre, mia madre e la mia bambina. Così mio padre accettò. Il 5 novembre dell’anno scorso, cinque giorni dopo che nacque la mia bimba, ci recammo davanti all’orfanotrofio che quell’uomo ci aveva indicato e lasciammo davanti a quel cancello la mia bimba. Che poi fu adottata da quella feccia.>> 

Con le mani tremanti si lasciò andare e continuò a piangere.

 

 

TASSELLO 1

 

<<Signorina Brostein, stiamo atterrando.>>

A quelle parole scatto sull’attenti. Sono arrivata. Sta iniziando la mia nuova vita. Sono nella grande mela. Sono a New York. 

 

••••••••••••••••••••

 

Olga mi apre il portone della mia nuova casa. Un attico a Manhattan. Entro nell’ampio salone con delle vetrate giganti che offrono una visuale sullo skyline della città. Dopo di me entrano due maggiordomi con i miei bagagli che hanno scaricato dall’Uber. 

<<È fantastico>> cammino nel salone con la mano che sfiora la pelle dei divani. 

Questo attico è ancora più lussuoso della nostra villa a Beverly Hills. 

<<Chanel vi mostro la casa>> la governante, Olga, attira la mia attenzione coì la seguo. 

Mi mostra la cucina, un altro salone, una sala da the, la mia camera da letto, quella dei miei, lo studio dei miei genitori, la biblioteca di famiglia con antichi manoscritti dei miei avi, due camere degli ospiti e una sala cinema. 

 

••••••••••••••••••••

 

Si è fatto pomeriggio. Ho sistemato i miei vestiti, i miei libri, i miei gioielli, le mie borse e le mie scarpe. Come avevo richiesto a papà la mia camera è dotata di una sontuosa cabina armadio. Vado in cucina a prepararmi il quarto caffè della giornata. 

<<Non dovresti berne così tanti.>>

A quelle parole il caffè mi va di traverso e lo sputo nella tazzina. Mi volto.

<<Prego?>>

Ride. <<Hai capito bene.>>

<<Chi diamine sei? E perchè sei in casa mia?>>

Si alza dallo sgabello e esce dalla cucina. Cosa ci fa un ragazzo poco raccomandabile, da quello che ho visto, apparentemente della mia stessa età in casa mia? 

<<Chanel… sedetevi che vi devo parlare.>>

Faccio come dice Olga e iniziamo una violenta discussione. 

 

Sto piangendo. Non è possibile. Ho sempre vissuto allo scuro di tutto questo. Com’è possibile? Esco dalla mia camera con un borsone con qualche vestito e due paia di scarpe. 

<<Signorina cosa volete fare?>> Olga mi guarda con cipiglio. 

<<Andarmene. Non starò un secondo di più qui dentro. Non posso credere che io viva in questo lusso grazie a cosa… ah si vero grazie a mio padre che va a vendere morte.>>

<<Forse dovreste prima parlare con lu…>>

Olga non finisce la frase perchè udiamo la serratura del portone che scatta per aprirsi. 

Entrano in fila mio padre, mia madre e quel ragazzo di prima. 

<<Aspettami nel mio studio>> dice mio padre a quel ragazzo, a quel fattorino. 

<<Chanel cosa succede?>> mi chiede mia madre vedendo i residui del mascara sulle mie guance.

<<Olga mia ha raccontato una storiella divertente sapete. Mi ha raccontato perchè sono, siamo, qui. Non posso credere di avere vissuto nel lusso grazie a cosa? A della droga. Quando pensavate di dirmelo che siete immischiati nel più grande giro di droga di N.Y. e di L.A.? Mai? Si forse mai. Ma io non starò un minuto in più qua dentro. Tenetevi i miei vestiti firmati, le mie borse Hermes, le mie scarpe e i miei gioielli.>>

Mio padre ride. Mia madre sta per piangere. 

<<Dove pensi di andare? Quanto durerai fuori da qui in una città che non conosci? Sei sempre pronta e puntare il dito contro non sapendo la realtà dei fatti.>>

<<Mi dispiace papà ma sono fatta così. E adesso tolgo il disturbo.>>

Esco dall’appartamento e entro nell’ascensore. Con un Uber sotto casa. 

 

••••••••••••••••••••

 

<<Bene Olga, sei licenziata.>>

<<Va benissimo Signor Brostein. Ma sappiate che è soltanto una minuscola fetta della torta quello che gli ho raccontato. Non dovevate portarla qui. È la città dei vostri errori, pensate che non scoprirà altro? È una ragazza sveglia, furba e soprattutto intelligente.>> 

Olga si reca nella sua camera a raccogliere le sue cose per metterle in un borsone. 

<<Hyden>> il ragazzo alla chiamata di Hall Brostein, esce dallo studio <<rintraccia mia figlia, dove sta andando.>>

Hyden esce dall’appartamento seguito da Olga.

<<Gli stiamo facendo vivere il nostro passato a Chanel>> un'altra lacrima fa capolino nel volto di Veronica Brostein. 

<<Mi vedo io in lei. Quando ho scoperto i posti che frequentava mio padre e cosa faceva per mantenermi da vivere. Certo tu non sei ai livelli di mio padre ma dovevi calmarla non aumentare la sua foga>> poggia una mano sulla spalla del marito e lo abbraccia. Piangono entrambi adesso.

 

 

 

TASSELLO 2

<<Grazie Char.>>

<<Figuarati. Rimani quanto vuoi ho parlato anche con i miei stai tranquilla, rimani quanto vuoi e non ci devi niente.>>

<<Grazie amica mia entro e ti faccio sapere. A dopo ti voglio bene.>>

<<A dopo Coco.>>

Ho parlato con la mia migliore amica di L.A. chiedendogli se potevo stare nell’appartamento della sua famiglia qui a N.Y. e per fortuna ha accettato dicendomi che la chiave dell’appartamento l’avevano in portineria.

Din din.

È una notifica. Prendo il mio iPhone e leggo la notifica. È di PayPal.

Charlie Hoppless ha versato sul tuo conto $500.

Non ci credo.

Din din.

Stavolta la notifica è di iMessage.

CHARLIE: sono pochi ma finchè non trovi un lavoro ti dovrebbero bastare

CHANEL: non dovevi. Appena posso te li restituisco con gli interessi ;p

Infilo la chiave nella toppa del portone. Giro due volte la chiave ed entro nell’appartamento. È piccolino ma confortevole. Tre camere da letto, un soggiorno, un bagno e la cucina. Mi va più che bene. Entro nella camera della mia migliore amica e appendo i miei vestiti nell’armadio. Ho portato solo i vestiti che mi hanno regalato i miei amici e i miei zii. Certo non sono vestiti Louis Vuitton o Prada ma vanno bene lo stesso. Due paia di scarpe: delle Air Force e uno stivaletto con tacco Yves Saint Laurent. Poi qualche cintura, un po’ di cosmetici e una borsa Hermes, quella a cui sono più affezionata che mi regalò Minerva, la mia migliore amica ormai volata in cielo. Mi stendo sul letto e mi addormento.

<<Cazzo>> esclamo rendendomi conto che mi sono addormentata.

Mi alzo e mi dirigo assonnata in cucina. È tutto buio e con la mano strisciando sulla parete cerco un interruttore. Trovato. Le luci della cucina soggiorno si accendono. Urlo.

<<Come cazzo sei entrato qui? Mi è venuto un infarto. Chi ti manda mio padre? Ora mi pedina pure!>> Sono scioccata perchè mi sono ritrovata il fattorino di mio padre. Mi fissa ma non risponde. È seduto sulla poltrona con la camicia nera sbottonata e con in mano un bicchiere di whisky.

<<Qualcuno ti ha dato il permesso di bere quel Jack Daniel’s?>>

<<Vuoi?>>

<<Finalmente parli. Chi ti ha fatto entrare?>>

<<Ne vuoi o no?>>

<<Esci da qua prima che chiami le autorità>> gli sbraito contro ma è come se non gli avessi detto nulla.

<<Va bene fai come ti pare>> mi verso un bicchiere d’acqua e gli do le spalle sapendo di avere i suoi occhi puntati addosso. Torno in camera mia e mi vesto per uscire. Torno in soggiorno tutta agghindata, prendo le chiavi e faccio per uscire.

<<Dove vai?>>

<<Affari miei.>>

<<Sicuramente non in discoteca. Sei col culo a terra senza un penny>> ride.

<<Infatti. Vado a cercare lavoro.>>

<<Vestita in quel modo solo un lavoro potresti fare.>>

Mi piazzo davanti a lui e provo a mollargli uno schiaffo ma mi blocca il polso.

<<Principessina cosa pensavi di fare?>>

Cerco di allentare la sua presa sul mio polso ma è invano.

<<Bene. Cosa sono un cane al guinzaglio?>>

<<Tu? Nah. Sei la principessina ribelle.>>

<<Finiscila.>>

<<Mai>> e con uno strattone mi ritrovo addosso a lui. Sono ad un millimetro dal suo viso.

<<Sei ancora più bella da vicino.>>

Mi avvicina ancora di più a se e molla la presa sul mio polso. Gli mollo uno schiaffo e mi alzo allontanandomi da lui.

<<Non ti permettere mai più.>>

<<Scusa non volevo essere così odioso, ho bevuto qualche bicchiere più del solito. Dimentica tutto, ok?>>

<<Perchè dovrei?>>

<<Perchè non voglio che ogni singola volta che pensi a me mi assocerai a questo.>>

<<Cosa?>> Mi sento disorientata. Cosa sta succedendo?

Mi allontano piano piano da quella poltrona dove lui è ancora seduto. Lo guardo negli occhi e c’è qualcosa che non mi è chiara fino in fondo. Come una bambina torno in camera. Domani è il grande inizio.

 

Drin Drin Drin Drin Drin Drin

 

La sveglia che avevo impostato la sera prima mi sveglia e dopo essermi girata più e più volte nel letto disattivo la sveglia e mi alzo. Infilo la vestaglia e mi dirigo in cucina. Sbadiglio mezza assonnata nel tragitto dalla camera da letto mia (di Char) fino alla cucina. Mi preparo un caffè con delle cialde che sono nel contenitore accanto alla macchinetta da non so quanto. Da mangiare non c’è nulla per cui mi toccherà fare colazione ai distributori a scuola. Sciacquo la tazzina e la ripongo al suo posto. Noto sul tavolino in soggiorno un sacchetto marrone di carta. Mi avvicino scrutandolo, ricordando che ieri sera non c’era. Dov’è lo scagnozzo di mio padre? Prendo il sacchetto tra le mani. C’è un post-it attaccato sopra

per la figlia del capo

-H

rido. Lo apro e dentro trovo con grande sorpresa un cappuccino e delle ciambelle Starbucks. Le ha prese lui per me? Scaccio questo pensiero dalla mia testa e consumo ciò che misteriosamente è comparso nel mio soggiorno. Dopo che ho finito di vestirmi torno in soggiorno a prendere la mia borsa con dentro i libri per andare a scuola. Ho paura per questo nuovo inizio. Per fortuna sono riuscita a trovare una scuola pari alla mia a L.A., un'accademia/liceo della moda.

<<Signorina. La accompagno a scuola>> misteriosamente il tirapiedi di mio padre riappare sulla poltrona di ieri sera.

<<Non ti chiederò perché è non dirò di no perché non servirebbe a nulla. Tienimi pure questa allora>> gli do la mia borsa mentre mi infilo il mio tech di pelle Prada.

<<Possiamo andare>> decreto avviandomi verso l’uscita.

<<Agli ordini… figlia del capo>> mi volto e mi fa l’occhiolino. Mi sorpassa chiamando l’ascensore.

Sbuffo ed entro nell'ascensore.

 

<<Ti verrò a prendere quando finisci.>>

<<Allora cercherò di non farmi trovare.>> Scendo dall’auto e ricaricandomi di coraggio scruto il cortile della scuola.

Alle mie spalle sento un auto sgommare e mettere l'acceleratore.

È lui “H” che se ne va.

<<I ragazzi della St. Anthony, non li sopporto. Che ci faceva qui uno di loro?>> Sento una ragazza accanto a me parlare con la sua amica.

….della St. Anthony… sarebbe?

Scruto l'intero edificio e i suoi studenti. L'edificio sembrerebbe molto recente gli studenti hanno un buon gusto sul fatto di vestirsi, non tutti, altri si vede ad un chilometro di distanza che sono figli di papà. La campanella suona e mi dirigo al portone principale. Il pavimento a scacchi è tirato a lucido, alle pareti bianche sono appesi quadri ritraenti sfilate, modelle, stilisti e vecchi bozzetti di stilisti defunti e il loro brand ormai miliardario e conosciuto all'intero mondo. Cerco di orientarmi da sola ma sembra difficile. Capisco che oggi la fortuna è dalla mia parte quando a metà corridoio leggo la targa presidenza sopra il cornicione di una porta. Lo studio della preside si divide in due stanze: una sala d'attesa arredata con il minimo indispensabile e una scrivania per la sua segretaria, infine il suo vero e proprio studio.

<<Buongiorno>> dico accomodandomi davanti alla scrivania della preside.

<<Buongiorno signorina Brostein, per cominciare vorrei parlare di lei. Ho visto che quando ha effettuato l'iscrizione alla nostro liceo ha anche scritto di voler partecipare ai corsi di: fotografia, fashion communication management, beauty management e modellistica. Sono molti corsi, le ore di lezione sono sei, i corsi durano un'ora e mezza l'uno e anche se si svolgono in pomerigi diversi lei pensa di farcela? Sono corsi che fanno media. con il suo lavoro....>>

<<Scusi il problema è che sono una beauty creator?>>

<<Modestamente lei è una delle B.C. più seguite nel nostro stato, rientra nella top five e lei questo lo sà.>> La scruto attentamente, come si atteggia, il suo sguardo, il suo stile; sembra Miranda Priestley de "Il diavolo veste Prada".

<<Sappia che non facciamo favoritismi in questa scuola...>>

<<E non voglio che se ne facciano>> ribatto.

<<Siamo molto severi e non trasgrediamo. Per tanto, per, ho le più alte aspettative su di lei. Mi parla di cosa vorrebbe fare in futuro.>>

<<Allora, ehm... di certo vorrei diventare una stilista ma non una di quelle che nasce, crea il suo brand e muore; io no, voglio creare un impero della moda fatto con il mio stampino senza l'intromissione di nessuno e l'idee di nessuno. Sono già alla ricerca di una fabbrica orafe italiana, ho qua un orecchino, con collana annessa, ideato da me e da un ex orafo di Bulgari credo sarà proprio il primo pezzo che farei produrre>> estraggo dalla mia Hermes Rock un astuccio che contiene l'unico prototipo della coppia di orecchini ideati da me. Un lovli in oro bianco con il mio logo e un hoop, sempre in oro bianco, con un pendente in ametista, la mia pietra preferita. La do alla preside. Con quel suo sguardo da falco mi scruta scrupolosamente e poi rivolgendo lo sguardo all'astuccio che ha tra le mani lo apre.

<<Molto molto belli>> lo richiude e me lo dà <<Nessuna delle nostre allieve e ha mai punta così come dire... in alto. Pensavo di aprire un corso quest'anno appunto su come ideare un gioiello con magari la partecipazione di qualche maestro orafo importante, che ne dice?>>

<<Sarebbe molto interessante.>>

<<Come ultima cosa... ci sono le candidature per diventare la mia segretaria se vuoi di là nella scrivania ci sono i moduli lo compila e lo invia alla mail che c'è sempre scritta lì. Ora le do il suo orario e tutto il resto.>>

<<Okay ci penserò grazie.>>

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